mercoledì 22 aprile 2009

VITTORIO GREGOTTI A LISBONA

Uno spazio polivalente in previsione dei sei mesi di presidenza portoghese del Consiglio d’Europa.
Nasce così, nel 1988, l’iniziativa di realizzare a Lisbona il Centro culturale di Belém.

L’area di progetto scelta dall’amministrazione è in assoluto una delle più ricche di fascino della capitale, compresa tra la Torre di Belém e il complesso monumentale del Monastero dei Gerolamini, un lato affacciato sull’estuario del Tago, l’altro sulla collina di Restelo.

L’impianto proposto da Gregotti e Salgado adotta una volumetria compatta (a dispetto delle dimensioni) e una suddivisione funzionale in moduli posti perpendicolarmente al lungofiume. Esteriormente il Centro si presenta come un volume massiccio sormontato dalla torre dei meccanismi di scena del Teatro dell’Opera in esso contenuti. Interamente rivestita con lastre di calcare dell’Estremadura (pietra di Lioz ndr) la mole del complesso assume una valenza quasi orografica, specialmente nel suo sviluppo laterale parallelo al Tago. Le grandi aperture delle finestre sono raggruppate per unità funzionali, cosicché ai passanti viene quasi sempre riservata la prospettiva dei lunghi muri perimetrali, interrotta qua e là dalle fenditure dei passaggi pubblici. Una caratteristica che deriva anche dalla necessità di ottenere una prima quota utile al di sopra dei parcheggi, che per ragioni idrogeologiche non potevano essere complet amente interrati. In questo modo nessuno dei percorsi pedonali che attraversano l’edificio è perfettamente orizzontale, tutti raggiungono quote differenti, fornendo, di conseguenza, tagli visuali e scorci che conferiscono grande dinamismo alla severità dell’architettura.

Fulcro del Centro culturale è una piazza interna, scavalcata in vari punti da strutture a ponte che ospitano parte degli spazi espositivi, l’amministrazione e il foyer del teatro.
A nord e a sud della piazza le due ali principali del modulo espositivo si aprono su terrazze affacciate sul Tago e sulla collina del Restelo. La quota alla quale si trovano le terrazze esclude dalla vista le strade sottostanti e la linea ferroviaria litoranea, creando un legame visivo diretto con il paesaggio.

All’interno il colore predominante è il bianco delle pareti e delle carpenterie metalliche che contrasta con il legno e il granito delle pavimentazioni. Eccezioni non prive di fascino sono il ristorante e il cilindro che ospita la doppia scala di collegamento tra la galleria delle esposizioni permanenti e la quota superiore dell’ingresso, qui il colore giallo dell’intonaco a stucco è acceso dalla luce zenitale proveniente dal lucernario che ne costituisce la copertura.

pubblicato in: Costruire N.119 / 1993

lunedì 20 aprile 2009

VISITA GUIDATA ALLA VASCA ROMANA DI VIA CESARE BARONIO

oggi ho avuto l'occasione di patecipare ad una visita guidata alla vasca romana di via cesare baronio. le informazioni in mio possesso non sono state notevolmente arricchite, ma è stato molto utile poter entrare nella grande vasca per immaginarla nel nuovo ruolo che voglio darle. l'archeologa che ha curato la visita ha inoltre fatto diversi paragoni tra questa vasca ed altre peschiere della stessa epoca (I-II sec d.C.). nel complesso l'esperienza è stata molto utile all'interno del mio iter progettuale, per quanto riguarda il tema dell'imprinting e per il rapporto tra la vasca ed altri reperti trovati lungo la via latina e nel parco della caffarella.

martedì 14 aprile 2009

PARTNERSHIP AL PROGETTO (WORK IN PROGRESS)

Appassionata di cinema muto, la compagnia La Main dans les Pâtes lavora, da aprile 2006, ad un progetto teatrale ispirato a questo universo cinematografico. Si interroga sul come riprodurre sulla scena le tecniche di presa di camera, gli zoom, i rallentamenti o accelerazioni temporali, la trasposizione dalla realtà al sogno. Tra mimo, pantomima e melodramma è tutta l'atmosfera dell'epoca, con una nota di modernità, a venire a galla.

Valeria ROVEDA (Italia) si diploma nel 2006 alla scuola di Teatro in Movimento Lassaad (metodo Lecoq) e alla scuola Accademia96 di Bologna nel 2004. Ha partecipato a numerosi stages di teatro comico (in particolare con Corrado Nuzzo e Maria Di Biase), scrivendo e presentando vari monologhi tra il 2002 e il 2004 in Italia ; in tournée nel 2004 con la compagnia I Murattori, decide nel 2005 di lasciare l'Italia per specializzarsi nel teatro visivo e gestuale in Francia e in Belgio.

Mathieu MAISONNEUVE (Francia) ha lavorato alcuni anni nel teatro di strada come acrobata giocoliere. Nel 2003 si unisce alla compagnia Bulles de Zinc nello spettacolo « La demoiselle des rues ». Nell'ottobre 2004 si iscrive alla Scuola Internazionale di Teatro in Movimento Lassaad di Bruxelles. Nel 2006 fonda con V. Roveda la compagnia La Main dans les Pâtes.

E:“Ciao Valeria, visto che mi sto occupando della progettazione di spazi riguardanti il teatro, colgo l’occasione per farti qualche domanda. Dato che sei nel campo da qualche anno, sia come attrice che come insegnante, il tuo contributo sarebbe davvero prezioso!

Anche alla luce delle tue esperienze, come credi che dovrebbe essere organizzato uno spazio dedicato al teatro (sia di sala che di strada), quali servizi dovrebbe avere?”

V:”Ciao Elena, piacere. Mi fai una domanda a cui è un po' difficile rispondere così su due piedi... quando ho letto la tua mail mi hai fatto pensare all'ultima tournée in Portogallo dove abbiamo recitato in centri culturali molto belli, modernissimi, che avevano poi il palcoscenico carente di elementi essenziali (a livello ad esempio di strumentazione, di accesso facile ai camerini...). Era evidente che lo spazio non fosse stato concepito da persone che conoscessero le esigenze degli attori (e in parte persino del pubblico). Ora non so se in un caso specifico a cui penso l'edificio fosse ristrutturato o costruito ex novo, ma ad esempio la sala spettacoli, piccola ma molto carina, non aveva uscita dai lati (il muro della scena era il muro reale della sala...), ma solo sul fondo, quindi le uscite e le entrate erano limitate alla zona retrostante; l'accesso ai camerini avveniva tramite una scala di metallo (quindi rumorosa) attaccata al palco... è stato impossibile quindi usarla durante la rappresentazione.
Insomma, non ho mai pensato a come dovrebbe essere uno spazio teatrale ideale ma riflettendoci posso pensare alle volte in cui ho trovato degli spazi non adatti, per capire quali siano gli elementi importanti.”

E:”E per quanto riguarda gli spazi per i laboratori teatrali?”
V:”Per un laboratorio teatrale le esigenze sono minime. Abituata a lavorare ovunque, non so esattamente come disegnerei il luogo ideale... spazioso ma intimo... di forma rettangolare, credo, affinché si abbia lo spazio per correre e muoversi e in uno dei lati corti mettere un piccolo rialzo affinché si crei la scena... quando do lezioni di teatro, il palco è utilizzato molto poco poiché per la creazione e per il lavoro preparatorio il pubblico non fa ancora parte del lavoro (e il palco rappresenta il luogo "basico", "di partenza", di comunicazione col pubblico, non certo l'unico ma sicuramente il più codificato).

Dando un'occhiata rapida alla pagina http://elenacruciani.blogspot.com/2009/03/luoghi-e-tempi-teatrali.html mi sembra che parli anche di spazi per teatro di strada, che ha esigenze completamente diverse. E completamente diverse anche a seconda della tipologia di spettacolo che si vuole presentare.
Lo stesso vale per uno spazio teatrale al chiuso. Non esistono sale adatte ad ogni tipo di spettacolo. Bisogna quindi valutare che interesse scenico si abbia. Una sala molto grande ospita un grande pubblico e performance "spettacolari" come opere, musical, grandi scenografie, circo. Ci sono poi spettacoli più intimisti, che necessitano di un pubblico più ridotto, di una vicinanza col pubblico... insomma, le domande da porsi prima di progettare uno spazio sono svariate.”

E:”E il pubblico?”
V:”Ah. Spesso il pubblico non vede bene lo spettacolo. Non sarei capace di dare una risposta, ma uno dei problemi principali per la costruzione della sala è forse proprio la visibilità. Un palco troppo basso necessita di delle gradinate (si dice così in italiano??)... (spalti?). Ho visto vari teatri in cui il palco era molto più in basso rispetto al pubblico, come in fondo ad un precipizio (l'effetto è interessante ma la prospettiva non son convinta sia la più favorevole per gli attori).
Se il palco è troppo alto le prime file vedono male (e torcicollo). Se non ci sono le gradinate, quindi il pubblico è tutto sullo stesso livello, per quanto ci sia la possibilità di fare delle file alternate, si finisce a fare lo slalom visivo tra la vecchietta col cappello a fiori, lo stangone che ti si piazza proprio davanti, l'insofferente che cambia posizione ogni tre minuti, il chiacchierone che deve riferire ogni dettaglio nell'orecchio del vicino e allora la sala diventa un gran movimento per coordinarsi con la persona davanti e arrivare a vedere qualcosa...”


E:”La tua compagnia ha un sito internet?”
V:”No, non ho un sito della mia compagnia, generalmente appariamo nei siti dove presentiamo gli spettacoli e per il momento va bene così... la... "tecnologia" non è proprio il mio forte.”

E:”Grazie mille per la tua collaborazione”


http://www.comedien.be/valeriaaroveda

CONTESTO AMBIENTALE

CONTESTO LUOGO





venerdì 10 aprile 2009

IMPRINTING

iniziando a sviluppare il mio progetto non posso prescindere dal concetto di imprinting in architettura. sono accanto ad una vasca romana, mi confronto con essa, la rinnovo di significati e la inserisco in un contesto urbano contemporaneo. ma basta un edificio che riproponga l'eco della pietra per esaurire la questione? di certo no, staremo a vedere...
La grande vasca romana che si trova all'incrocio con via Cesare Baronio fu scoperta per caso nel 1980 durante i lavori per l'apertura della strada.
La vasca, a pianta rettangolare, ha in un angolo gli scalini per scendere all'interno, e nell'angolo opposto un pozzo per lo scarico dell'acqua. Le pareti sono in opus signinum, un conglomerato formato da scaglie di selce impastate nella calce magra ben allettata, caratteristico delle cisterne romane. Sono presenti anche tracce dell'intonaco di rivestimento in cocciopisto, ottenuto con laterizio triturato e impastato con calce e olio fino a diventare compatto e impermeabile; la superficie di rifinitura è fatta con polvere di marmo.
Al centro, quasi intatta, si vede la fontana, l'interno della quale è percorso da una serie di canalette in terracotta che portavano l'acqua verso l'alto.
La tecnica di costruzione in opera reticolata e laterizio (la stessa del ninfeo di Egeria in Caffarella) consente di attribuire il complesso alla prima metà del II sec. d.C.
Gli archeologi ritengono che la vasca avesse uno scopo puramente ornamentale, e le bocche di terracotta dovevano essere i ricettacoli in cui i pesci potevano deporre le uova. Resta invece un mistero il modo in cui la fontana avrebbe ricevuto l'acqua, tenendo conto che l'unico acquedotto conosciuto che passava da queste parti (l'acquedotto Antoniniano) fu costruito 50-100 anni più tardi. Una indicazione può comunque venire dal ritrovamento di una cisterna all'interno della catacomba scoperta nel 1995 sul lato opposto di via Latina.
Il complicato sistema idraulico della fontana centrale sembra avere delle analogie con quello della "Meta sudante", la grande fontana che si trovava di fronte al Colosseo, purtroppo rasa al suolo nel 1936: il nome "meta" deriva dalla forma conica dell'oggetto, simile alle mete dei circhi romani, "boe" attorno alle quali giravano le quadrighe in gara; la meta era detta "sudante", perché l'acqua stillava come se la fontana "trasudasse". Questa fontana che vediamo è oggi poi particolarmente importante in quanto costituisce un esemplare unico dell'edilizia romana.

Tratto da: romacivica.net

mercoledì 1 aprile 2009

QUALE TEATRO?

bella domanda.
non il solito teatro, non il teatro dalla forma precostituita.
pensiamo a quegli spettacoli (pochi in verità) che hanno parlato alla nostra anima, nel profondo, lì dove anche noi stessi abbiamo paura di spingerci, non grazie allo "spettacolo", alla scenografia o al titolo altisonante, ma grazie al talento e a volte anche alla semplicità dell'attore.

ogni volta che assistiamo ad uno spettacolo poniamoci questa domanda: ha detto qualcosa? anche di incomprensibile, sbagliato o disumano ma...ha detto qualcosa?
il teatro è arte allo stato brado, esperienza sacrale e mistica, si va a teatro per ritrovare quel perso dialogo con l'anima.
(collaborazione di A. Nobili)

e allora creiamolo questo teatro, un teatro contro il teatro, un TEATRO DELL'OSCENO, nel senso di fuori da ogni scena